21 Mar2016
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In molti Paesi la “gestazione per altri”, o altruistica o a scopo di lucro, è legale. In tanti altri Stati è invece proibita perché ritenuta una pratica che mercifica la donna e il neonato.

In cosa consiste la maternità surrogata?

La maternità surrogata o gestazione per altri, conosciuta anche sotto l’etichetta di “utero in affitto” è una pratica di fecondazione assistita alla quale si sottopone la donna per conto di una persona o una coppia alla quale consegnerà il neonato.

La tecnica che si utilizza sulla paziente è  la FIV-ET (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfert) che consiste nella fecondazione in vitro degli ovuli con gli spermatozoi (entrambi della coppia richiedente o di donatori) e il successivo trasferimento degli embrioni (non più di due generalmente) nel suo utero.

La madre surrogata si impegna quindi a portare a termine la gravidanza e a consegnare il nascituro ai genitori riceventi. Questi possono essere donne o coppie che non sono in grado di concepire o di portare a termine una gravidanza o affette da malattie; e coppie di uomini che desiderano avere un bambino.
Il contratto prevede che la donna rinunci a qualsiasi diritto sul bambino che porta in grembo, che proceda all’aborto in caso di malformazioni, che fornisca il suo latte dopo il parto, e che paghi delle penali nel caso in cui non rispettasse degli standard sanitari.

Dove è consentita la maternità surrogata e dove è proibita?

È consentita (solo in forma altruistica o anche in forma lucrativa) in Grecia, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia, Russia, Ucraina, India, Sudafrica, Brasile, Messico. In alcuni Stati vigono delle restrizioni come il divieto per le coppie gay (es. Grecia), per le coppie non sposate (es. Ucraina), e il divieto di utilizzare l’ovocita della madre surrogata.

La gestazione per altri è invece vietata in Italia, Francia, Germania, Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia. In questi Paesi, gli accordi prenatali tra madre surrogata e committente/i sono considerati nulli; la figura di madre è riconosciuta unicamente nella donna che ha partorito.

Italia, comma 6 articolo 12 della legge 40/2004 “[…] chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro […]”

E i bambini nati da madri surrogate, di chi sono figli?

Non è vigente una disciplina unica per normare il legame parentale tra il neonato e il genitore sociale (ricevente). Ad esempio, negli Stati Uniti e in Canada il certificato di nascita del bambino riporta i nomi dei genitori riceventi, e oltretutto negli Stati Uniti il bambino risulta cittadino americano.

Le coppie eterosessuali italiane che fanno ricorso alla surrogazione di maternità all’estero e non lo dichiarano all’ufficiale di stato civile commettono il reato di falsità in atti dello stato civile (Art. 495 c.p.) con il rischio che il figlio venga dichiarato adottabile. Se il bambino ha un legame genetico con anche solo uno dei genitori riceventi, questo può fare ricorso alla “step child adoption” per l’adozione.

I costi della surrogazione di maternità e il dibattito etico.

La gestazione per altri, che sia essa altruistica o a scopo di lucro, prevede in ogni caso un indennizzo per la “madre portatrice”. I costi oscillano da Paese a Paese, dai 130.000€ degli Stati Uniti ai 30.000€ in Grecia e Russia, ai 20.000€ in Ucraina e 15.000€ in India.
È proprio questo il motivo per il quale la maternità surrogata scatena parerei contrari ed è spesso definita come un “contratto commercialeche mercifica i neonati. Nell’occhio del mirino rientrano entrambe le parti coinvolte: da un lato le coppie che non prendono in considerazione l’adozione di bambini senza una famiglia; dall’altra le donne che per soldi sono disposte a mettere a disposizione il proprio utero.

Il 2 febbraio 2016 si è tenuta a Parigi un’assemblea per richiedere l’abolizione universale della surrogazione di maternità in quanto ritenuta “disumanizzante” e contraria alla dignità e ai diritti delle donne e dei neonati. Hanno partecipato associazioni femministe francesi, ricercatrici, giuriste, medici, attiviste e attivisti per i diritti umani.

“[…] Il corpo delle donne deve essere riconosciuto come un bene indisponibile per l’uso pubblico.[…] Il bambino in questo modo diventa un bene su ordinazione, dotato di un valore di mercato.”

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