08 Feb2016
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Sono famiglie create con desiderio, convinzione e determinazione. Si basano su vincoli affettivi sinceri e, soprattutto, sull’impegno di padri e madri che, controcorrente e spesso contro le istituzioni, decidono di avere dei bambini.

Noi le chiamiamo le famiglie del nuovo millennio.

Famiglie con madri lesbiche

Attualmente, sono sempre di più le coppie di donne che si rivolgono ai Centri di Riproduzione Assistita per diventare madri.

L’accettazione dell’omosessualità da parte della società è aumentata con il passare degli anni e i figli nati da queste famiglie crescono altrettanto sani, sia dal punto di vista cognitivo sia da quello affettivo, di quelli allevati in famiglie eterosessuali. In Spagna, dal luglio 2005, il matrimonio omosessuale è legale e la legge consente che i figli di uno dei membri della coppia siano anche figli legittimi del/della partner. Ma tra le due tipologie di coppie omosessuali a cui è consentito sposarsi e ottenere gli stessi diritti dei figli delle coppie eterosessuali, solamente le coppie di donne possono accedere a trattamenti di riproduzione assistita.

Le coppie di donne, a differenza delle coppie eterosessuali, quando si recano in un centro di riproduzione assistita sono generalmente molto ottimiste, entusiaste e decise. Questo perché non si rivolgono allo specialista necessariamente per una disfunzione riproduttiva, ma per realizzare il sogno di essere madri. In questo senso, uno studio realizzato da Fiv Madrid ha dimostrato che l’età media delle coppie lesbiche che vanno ai centri di riproduzione è di 36 anni per la madre biologica e 40 per la madre non biologica. A dimostrazione che la madre biologica non necessariamente ha difficoltà riproduttive.

Le domande su come far partecipare la partner al trattamento sono normali. Nel caso di un nucleo omosessuale, nella maggior parte dei casi, il bambino ha un vincolo biologico solo con uno dei due componenti della coppia: per questo è così importante coinvolgere anche l’altra donna nei passi da seguire durante il trattamento, in modo da poter condividere a pieno l’esperienza della maternità. A questo proposito, una delle tecniche più efficaci – anche se molto recente – è la Ricezione degli ovuli della partner (ROPA). In questo caso, una delle due partner offre gli ovuli e, una volta realizzata la fecondazione in laboratorio, gli embrioni sono trasferiti nell’utero della compagna. Pertanto, una delle madri mette a disposizione il materiale genetico e l’altra porta avanti la gravidanza.

La tecnica ROPA, oltre a permettere la partecipazione attiva di entrambe le madri nel progetto di avere un figlio, evita la necessità di ricorrere alla donazione di ovuli quando la madre gestante non riesce a usare i propri.

Famiglie con padri gay e surrogazione

Come dicevamo in precedenza, la surrogazione (anche detta gestazione per altri o per appoggio) è l’unica possibilità per gli uomini, soli o in coppia, di poter avere un figlio con vincolo genetico. Esistono due tipi di surrogazione: quella genetica, in cui il bambino è geneticamente vincolato alla madre portatrice; e quella gestazionale, in cui la coppia (uomo e donna) utilizza i propri gameti e la madre surrogata porta avanti la gravidanza. Nel caso di una coppia di uomini, si realizza soltanto la surrogazione genetica.

In Spagna, la legge 14/2006 su tecniche di riproduzione assistita, stabilisce che “sarà considerato nullo il contratto di una gestazione, con o senza prezzo, a carico di una donna che rinuncia alla filiazione materna a favore del contrattante o di un terzo”. A sua volta, stabilisce che “la filiazione dei figli nati da gestazione per surrogazione sarà determinata dal parto”. Quindi riconosce come madre del bambino chi lo ha partorito e non ammette contratto di gestazione per appoggio.

La surrogazione in sé suscita opinioni contrastanti. Uno studio realizzato in gran Bretagna con 187 donne potenzialmente madri per surrogazione, ha dimostrato che soltanto 8 di loro sarebbero disposte ad accettare di essere madri surrogate (genetiche o gestazionali); 136 non accetterebbero, e 43 non sapevano dare una risposta definitiva (Poote y van den Akker, 2009). Un’altra ricerca canadese più datata, ma che ha preso un campione decisamente più esteso (oltre 5000 donne in età riproduttiva) ha rivelato che la maggioranza (75%) considerava inaccettabile la surrogazione commerciale; al contrario di quella non commerciale, considerata relativamente più accettabile rispetto alla surrogazione genetica (Krishnan, 1994).

D’altra parte, studi realizzati con madri surrogate rivelano che la maggior parte di queste madri si sono mostrate notevolmente soddisfatte del processo e non hanno subito alcun disturbo psicologico come conseguenza dell’allontanamento dal bambino (Kleinpeter & Hohman, 2000; Baslington, 2002, Jadva y cols, 2003). La maggioranza delle madri surrogate hanno sostenuto che ripeterebbero volentieri l’esperienza (van den Akker, 2007, Teman, 2006). Tale sensazione è rimasta invariata nel tempo (van den Akker, 2007, Ciccarelli, 1997, Teman, 2006).

Rispetto alle famiglie di padri gay nate da surrogazione, ancora non ci sono studi, sebbene ce ne sia qualcuno in preparazione.

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